venerdì 14 dicembre 2007

LE CONSEGUENZE DEL VASSALLUM

Cosa accadrebbe se la riforma Vassallo fosse applicata? Stimare gli effetti di una formula elettorale che non esiste è complicato, perché le strategie di partiti ed elettori dipendono dal sistema che regola le elezioni. E qui molto dipende dal disegno delle circoscrizioni. Tuttavia, le stime dicono che a parità di voti la soglia di sbarramento si riduce al crescere della dimensione della circoscrizione. Non necessariamente a vantaggio dei partiti minori. Il sistema sembra poi avere una forte spinta interna verso la bipartitizzazione del quadro politico.
La proposta di riforma elettorale formulata da Salvatore Vassallo (e altri) e fatta propria dal segretario del Pd ha avuto un effetto dirompente sulla politica nazionale. Ha scardinato la Cdl, messo in fibrillazione un governo che pensava ormai di averla scampata sulla Finanziaria, accelerato i processi di fusione nella sinistra tradizionale, suscitato epiteti che sembravano appartenere a una defunta fase politica (la definizione di “legge truffa” di togliattiana memoria) eccetera. Ma di che si tratta esattamente? Come funziona? E che effetti avrebbe se applicata in Italia? Qualche stima per capirci di più.

La proposta

La proposta rappresenta un innesto originale sul sistema “tedesco” di una correzione maggioritaria “spagnola” con la finalità dichiarata di cogliere gli aspetti positivi dei due sistemi Secondo la proposta, il territorio del paese verrebbe diviso in circoscrizioni elettorali, ciascuna delle quali dovrebbe eleggere da un minimo di 12 a un massimo di 16 parlamentari. A sua volta, ogni circoscrizione verrebbe divisa rispettivamente in 6-8 collegi uninominali, cioè la metà dei seggi assegnati dalla circoscrizione. Nel singolo collegio, l’elettore esprime la propria preferenza per un solo candidato. Il voto contribuisce tanto alla quota di voti individuali del singolo candidato, quanto alla quota di voti del partito cui quel candidato è collegato in tutta la circoscrizione. La trasformazione dei voti in seggi avviene nel modo seguente. La prima metà dei seggi viene attribuita ai primi classificati di ogni collegio. La restante metà è così attribuita: in base ai voti presi dal partito nella circoscrizione, si calcola in proporzione (col metodo D’Hondt (1)) quanti seggi spettano a quel partito nella circoscrizione. Se il numero è superiore ai collegi uninominali già vinti in quella circoscrizione da quel partito, allora i seggi rimanenti sono assegnati ai migliori perdenti nei collegi uninominali dello stesso partito nella circoscrizione. Se invece il numero è inferiore ai collegi vinti, i rimanenti seggi da assegnare vengono ripartiti nuovamente tra gli altri partiti nella circoscrizione. (2) Dunque, i seggi attribuiti dalla proposta Vassallo dipendono tanto dalla performance individuale dei singoli candidati di collegio (parte tedesca), quanto dalla performance aggregata per circoscrizione dei candidati di collegio appartenenti alla stessa lista (parte spagnola). Un aspetto non chiarito nella proposta è come si identificano i “migliori perdenti”: in base alla percentuale dei voti ottenuti nel collegio, al numero assoluto dei voti ricevuti o in base a una “cifra elettorale” ancora tutta da definire? La prima ipotesi sembra la più ragionevole ed è quella che abbiamo adottato negli esercizi che seguono; è improbabile tuttavia che i risultati siano influenzati da tale scelta.

Simulazioni

Stimare gli effetti sul sistema politico di una formula elettorale che non esiste è complicato, perché ovviamente le strategie di partiti ed elettori dipendono dal modo come si vota, e anche perché in questo caso molto dipende in realtà dalla dimensione e dal disegno delle circoscrizioni. Usare i dati delle ultime elezioni politiche per stimare gli effetti della proposta Vassallo non è dunque molto utile, perché quei risultati sono stati ottenuti con un sistema elettorale e di alleanze diverso. Più utile invece costruire un modello astratto e indagare sugli effetti che la modifica di parametri chiave provoca sul funzionamento del sistema. L’intero set di simulazioni e ipotesi è a disposizione di chi ne fa richiesta; qui riportiamo nell’ appendice solo i risultati più interessanti.

La soglia di sbarramento

Una degli elementi più interessanti della proposta è che la soglia di sbarramento (numero minimo di voti necessari per ottenere almeno un seggio) non è stabilita per legge, a livello nazionale o regionale, ma è endogena e dipende dalla distribuzione dei voti tra i partiti e dalla dimensione della circoscrizione, cioè dal numero di seggi attribuiti dalla stessa circoscrizione. In primo luogo, le nostre stime confermano che, a parità di voti, la soglia di sbarramento si riduce al crescere della dimensione della circoscrizione. Come già suggerito da Roberto D’Alimonte (3), la diminuzione della soglia è molto rapida passando da circoscrizioni piccole (10-12 seggi) a medie (14-16), ma la riduzione diventa più moderata successivamente, cosicché per esempio, non c’è molto differenza nella soglia di sbarramento tra circoscrizioni con 20 o 30 seggi. Ma un punto che finora è sfuggito ai commentatori è che la riduzione della soglia di sbarramento non necessariamente premia i partiti minori: è infatti del tutto possibile, almeno per intervalli ragionevoli, che all’aumentare della dimensione della circoscrizione i partiti maggiori ottengano proporzionalmente ancora più seggi (si veda per esempio il caso 16 vs 18 nell’appendice). Ciò dipende dal funzionamento del metodo D’Hondt: il seggio marginale è attribuito a chi ha il maggiore quoziente calcolato sulla base di questo metodo e può benissimo trattarsi di un partito grande e non piccolo. Inoltre, la soglia non dipende solo dalle dimensioni della circoscrizione, ma anche della distribuzione dei voti tra i partiti maggiori. Per esempio, a parità di voti di tutti gli altri partiti, una redistribuzione dei voti tra i primi due partiti ha effetti molto diversi sulla soglia. In una circoscrizione in cui c’è un partito che vince sempre e uno che arriva sempre secondo, ma la differenza tra i due è limitata, la soglia è più elevata; viceversa dove il primo partito è molto più grande del secondo.

La distribuzione regionale dei voti

Come ovvio, la proposta Vassallo avvantaggia i partiti piccoli con un forte radicamento territoriale, rispetto ad altri altrettanto piccoli sul piano nazionale, ma diffusi in modo più uniforme. Tuttavia, le nostre stime suggeriscono anche che rispetto a un sistema puramente proporzionale, la Vassallo favorisce maggiormente i partiti grandi ben diffusi sul territorio nazionale e particolarmente forti in alcuni territori.

La leva maggioritaria

La proposta Vassallo è stata criticata dai favorevoli al maggioritario perché “proporzionale”; e dai proporzionalisti - i difensori per esempio del metodo tedesco - perché eccessivamente “maggioritaria”. È dunque interessante vedere come la “leva maggioritaria”, definita qui come la differenza tra la percentuale dei seggi e la percentuale dei voti ottenuti congiuntamente dai due principali partiti, vari al variare dei voti di quest’ultimi. I nostri esercizi mostrano come la leva non solo ci sia, ma come sia anche crescente nella proporzione dei voti ottenuti congiuntamente dai due partiti principali. Per esempio, con circoscrizioni mediane (14 seggi) se i primi due partiti prendono il 45 per cento dei voti, riescono a ottenere il 50 per cento dei seggi; se prendono il 60 per cento dei voti, guadagnano il 70 per cento dei seggi, e così via (vedi grafico). Il sistema dunque sembra avere una forte spinta interna verso la bipartitizzazione del quadro politico: una sua prima applicazione premierebbe i partiti già grandi con più seggi, rafforzandoli e dunque conducendoli ad avere più voti e ancora più seggi in futuro.
Ma la proposta garantisce o no il rapporto diretto con gli elettori, cioè l’accountability degli eletti? Sì e no. Sì, perché la metà degli eletti per circoscrizione è scelta direttamente dagli elettori nei collegi uninominali e perché i “migliori secondi” sono ancora definiti sulla base dei loro risultati nei collegi, il che tra l’altro induce una benefica competizione tra i candidati dello stesso partito. No, perché i migliori perdenti sono definiti sulla base delle performance all’interno del partito nell’intera circoscrizione e non nel singolo collegio. Così, con tutta probabilità, il sistema condurrà all’elezione di candidati che in collegio non solo non hanno vinto, ma che si sono piazzati terzi o quarti, e l’esclusione di alcuni secondi. L’elezione per collegio sarà quindi determinata indirettamente anche dagli elettori degli altrui collegi nella stessa circoscrizione.

(1) In base al metodo D’Hondt, il numero di voti ottenuti dai singoli partiti viene diviso per 1, 2, 3, …, n, dove n indica il numero di seggi in palio in ogni circoscrizione. A questo punto, si ordinano i risultati ottenuti in ordine decrescente e si assegna un seggio ciascuno ai primi n risultati della lista.
(2) Se un partito ottiene più del 50 per cento dei seggi nella circoscrizione, pesca i seggi aggiuntivi all’interno di una unica lista circoscrizionale di sette nomi. Tale lista è bloccata, ma data l’attuale distribuzione dei voti, l’eventualità di ricorrervi è in realtà molto bassa.
(3) Sul Sole24Ore del 29/11/2007.

Paolo Balduzzi e Massimo Bordignon

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